Onorevoli Colleghi! - Il disagio abitativo, nel nostro Paese, è ormai un dato acclarato e in continua crescita; un fenomeno che è più evidente nei grandi centri urbani, che colpisce categorie non sufficientemente protette della popolazione; categorie che vedono aggravare la loro drammatica condizione da una situazione economica negativa, dall'insufficienza di alloggi pubblici, dall'aumento del costo degli immobili e del mercato degli affitti.
La situazione è tanto grave da non poter più parlare di «emergenza abitativa», e la stessa Corte costituzionale lo ha sottolineato in una sentenza emessa nel maggio di quest'anno, richiamandosi ad una sentenza del 2003, in cui aveva affermato che «la sospensione dell'esecuzione per il rilascio costituisce un intervento eccezionale che può incidere solo per un periodo transitorio» e che la procedura di sfratto attivata dal singolo «non può essere paralizzata indefinitivamente con una serie di pure e semplici proroghe, oltre un ragionevole limite di tollerabilità».
La crisi degli alloggi è invece una «vecchia questione», una crisi che si protrae da decenni, causata, principalmente, dalla totale assenza di una politica che,